Uncategorized 20 Maggio 2019

“Perché donare
è un gesto sacro”

Le storie degli sportivi tornati a vivere e l’importanza del dono.

Questi gli argomenti al centro dell’incontro conviviale che ha visto riuniti insieme, alcuni giorni fa, i tre gruppi Panathlon Club di Como, Sondrio e Lecco.

Incontro aperto dal presidente del Panathlon Lecco, Riccardo Benedetti, in occasione di uno specialissimo intermeeting.

“Il Panathlon – ha fatto eco il presidente del Club di Sondrio, Angelo Schena – ha il compito di diffondere lo sport per tutti e, dunque, anche per i trapiantati”.

Entusiasta nel vedere la sala dell’Hotel Pontevecchio di Lecco così gremita, si è detto poi il numero uno del sodalizio comasco, Achille Mojoli.

Tra i relatori dell’evento anche Enrico Dell’Acqua, Giovanni Monteneri e Beniamino Tagliabue: tutti e tre trapiantati.

Il primo a parlare è stato – introdotto dalle parole del moderatore e giornalista Edoardo Ceriani – proprio Dell’Acqua, trapiantato di fegato ed ora ciclista “di lungo corso”.

È lui, l’autentico esempio vivente della rinascita: “Il dono di un organo è un gesto sacro che trasforma la propria morte in vita”.

I medici gli aveva dato 6 mesi di vita, ma la grande forza di volontà gli ha permesso di ottenere un fegato nuovo senza alcun rigetto.

Adesso, Dell’Acqua è un appassionato delle due ruote davvero ‘sfegatato’ e da 14 anni non manca alla consueta edizione della Maratona delle Dolomiti.

“Il trapianto – dice – è un atto d’amore senza fine e lo sport aiuta a rinascere”.

Accanto al ciclista, pure Giovanni Monteneri, trapiantato di rene e il cui sogno, a 20 anni, era quello di arruolarsi nell’Esercito e diventare Carabiniere. Sogno frantumato dalla scoperta del cancro. Finché l’intervento ha riacceso la luce sulla sua esistenza. All’attività sportiva unisce quella di promotore della cultura del dono perché, spiega, “nessuno è immune, potrebbe capitare a chiunque. E lo sport permette di veicolare il messaggio unendo l’utile al dilettevole”.

E, ancora, la testimonianza di Beniamino Tagliabue: trapiantato di cuore.

“Da 8 anni a questa parte la mia missione è quella di coinvolgere, attraverso lo sport, il maggior numero di persone; al donatore non costa nulla. Pensare che una persona cerebralmente morta possa, in un certo senso, continuare a vivere in altre che lottano tra la vita e la morte è meraviglioso”.

LE LISTE D’ATTESA, IL COMMENTO DELL’AIDO

“Il problema più grande – ha ricordato in contemporanea dell’intermeeting Giovanni Ravasi, presidente regionale AIDO – sono le 9.000 persone in lista d’attesa; sono solo 3.000 i trapianti effettuati in un anno e in questi 365 giorni, 500 persone perdono la vita aspettando un organo”.

Nel nostro Paese vivono 45.000 trapiantati. L’Italia è al primo posto per qualità del trapianto, ma occorre lavorare ancora molto sul livello culturale.

Su 60 milioni d’abitanti, ad oggi sono in 5 milioni ad aver aderito alla proposta “Una scelta in Comune”; ovvero alla possibilità d’esprimere la propria volontà sul tema della donazione degli organi al momento del rinnovo della Carta d’Identità.

(Fonte: lecconotizie.com)