News 04 Marzo 2019

Fegato danneggiato dall’ecstasy: esce dal 21
il film “La mia seconda volta” di Alberto Gelpi

“La mia seconda volta” è il titolo del film che Alberto Gelpi ha tratto dalla storia – vera – di Giorgia Benusiglio (nella foto sopra).

Dalla vicenda che ha visto Giorgia a soli 17 anni rischiare la vita per mezza pasticca di ecstasy (a salvarla un trapianto di fegato in condizioni d’estrema urgenza).

A raccontare il film, in uscita dal 21 del mese, due dei protagonisti della pellicola: Aurora Ruffino e Simone Riccioni (che cura altresì la produzione del lungometraggio).

“Con Giorgia ci siamo incontrati tempo fa e mi ha chiesto se avevo l’ardire di produrlo, ed ecco qua “La mia seconda volta”. Nel film, Giorgia è interpretata da Mariachiara Di Mitri mentre Aurora Ruffino è Ludovica: colei che sogna di diventare scenografa e nella vita ha fatto scelte sbagliate. Ma da questi errori ha ben imparato. Simone è invece Davide, assistente del professore di scenografia all’Accademia delle Belle Arti di Macerata e fratello di Giorgia. Di reale ci sono dei momenti della vita reale di Giorgia, poi il film è stato romanzato; è stata creata la storia intorno alla vicenda della ragazza”.

Un film di facile comprensione. Che adotta un linguaggio in grado d’arrivare dritto dritto ai giovani e giovanissimi. Tra le altre cose, “La mia seconda vita” fa parte del progetto “CineEducando” rivolto alle scuole.

“Questo lavoro nasce dal desiderio di rendere consapevoli i ragazzi dagli 11 anni in su, dei rischi e dei pericoli connessi alle droghe”.

Non un film sulla tossicodipendenza, ma sull’analisi delle insidie celate anche dietro l’assunzione occasionale: un fenomeno particolarmente diffuso.

Dirsi: “Che mi può succedere per una volta?” è, guarda caso, proprio la storia di Giorgia. Storia che insegna come basta una sola volta a rovinarsi per sempre l’esistenza.

La pellicola punta dunque a responsabilizzare i giovani attraverso un messaggio forte (di… speranza): cioè attraverso la ‘rinascita’ della stessa Giorgia.

(Fonte: Corriere dell’Umbria)

Immagine tratta da Fondazione Zanetti Onlus