News 25 Aprile 2018

Confusione mentale e amnesie, i primi segnali
dell’Encefalopatia epatica a cui fare attenzione

Confondere il bagno con la camera da letto; la sorella con la moglie. La confusione mentale, da non ‘scambiare’ con i deficit della demenza, specie nelle persone molto anziane, può essere il primo campanello d’allarme dell’Encefalopatia epatica.

Ovvero la complicanza con cui si evidenzia lo scompenso della cirrosi, malattia cronica e degenerativa che ogni anno, in Italia, è la causa di quasi 15.000 morti.

L’Encefalopatia epatica – dice all’Adnkronos Oliviero Riggio, professore associato di Gastroenterologia dell’Università La Sapienza di Roma – si presenta in circa il 20% dei cirrotici e sulla base del decorso clinico viene classificata in episodica, ricorrente o cronica. Si tratta di un grosso scompenso che ha forte impatto sulla qualità e l’aspettativa di vita dei malati. Tanto da rappresentare una vera e propria tempesta nell’ambito familiare”.

L’Encefalopatia epatica si può scoprire in anticipo, sottoponendo il malato ad un test semplice e veloce: l’Animal test naming (test che La Sapienza ha sviluppato e pubblicato dal 2017). Il paziente deve nominare tutti gli animali che rammenta in 60 secondi; se non ci riesce o ne ricorda solamente 10 è certamente affetto da Encefalopatia. Un esame che potrebbe utilizzare pure il medico di medicina generale se sospetta che il suo assistito ne stia soffrendo oppure sia già cirrotico.

L’Encefalopatia epatica, a prescindere dal momento in cui si manifesta, costituisce l’evento terminale nel 50% dei cirrotici. La forma ricorrente o permanente – pertanto invalidante – riguarda il 5-1o% dei casi analizzati.

“La gestione terapeutica – avverte Riggio – va adeguata alla gravità delle manifestazioni cliniche. Oggi i trattamenti sono basati sostanzialmente sulla somministrazione di due farmaci: i disaccaridi non assorbibili (il lattulosio) e gli antibiotici (in primis la rifaximina)”.

Si può guarire del tutto dalla malattia? Oltre a cercare di prevenire gli eventi scatenanti la patologia e intercettare rapidamente i segnali ‘spia’, vi è la possibilità del trapianto di fegato. “Ma – conclude Riggio – non in tutte le condizioni date”.

(Fonte: Adnkronos Salute)