News 02 Dicembre 2018

Proporre al paziente il trapianto di fegato
Caccamo: “Un intervento che salva la vita”

La comunicazione al candidato al trapianto di fegato: ne parliamo con il dottor Lucio Caccamo, U.O. Chirurgia Generale e Trapianti di Fegato Fondazione IRRCS Ca’ Granda – Ospedale Maggiore Policlinico (Milano) e Coordinatore la Faculty Epateam

Dottor Caccamo, quando si propone al paziente il trapianto di fegato?

Quando proponiamo al paziente di prendere in considerazione il trapianto di fegato per la cura della sua malattia generiamo, inevitabilmente, ansia. Significa che la situazione da affrontare è grave. Dobbiamo essere consci di come la proposta sia irrinunciabile o perlomeno lo deve essere allorché lo facciamo. Successivamente la natura e le terapie mediche possono, in pochi casi accade, riuscire a riparare o anche solo frenare la progressione della malattia in modo tale che il trapianto non si renda più necessario in quel preciso momento. Il malato continuerà i controlli e nel futuro si vedrà. Tuttavia, nella stragrande maggioranza delle situazioni la proposta di trapianto arriva perché non vi sono altre possibilità di cura.

Quali informazioni riceve il paziente?

Sono tre i passaggi chiave da comunicare al paziente per consentirgli di capire cosa vuol dire essere candidati al trapianto di fegato:

  • il trapianto di fegato è salvavita; se viene proposto si ritiene che la malattia da curare con il trapianto in assenza dell’intervento progredirà al punto di far morire il paziente
  • entrare in lista d’attesa per il trapianto di fegato è un po’ come ricevere una promessa; ma si rischia di peggiorare durante l’attesa e di morire prima dell’intervento
  • anche dopo il trapianto qualcosa può non andare per il vesto giusto e si rischia il decesso

La cosa importante da sottolineare è che senza il trapianto d’organo il rischio di morte per malattia epatica è del 100%; entrando in lista d’attesa diventa del 10% e dopo il trapianto la sopravvivenza è dell’80%.

Oltre al rischio di morte, il paziente riceve altre indicazioni su cosa significhi vivere con un organo trapiantato?

Ogni Centro credo abbia pubblicato libretti informativi dettagliati sulla vita da trapiantato. Il nostro (Policlinico di Milano) è disponibile sul portale web in formato pdf. Al paziente va detto della necessità di assumere tutti i giorni le medicine prescritte nonché d’attenersi ai controlli medici periodici. Inoltre, vengono date informazioni circa l’attenzione verso alcune ‘esposizioni’ ambientali, prudenze dietetiche, segnalazioni in tema di viaggi, vaccinazioni. Ma, sostanzialmente il trapianto di fegato nel lungo periodo è il trapianto d’organo che dà i migliori risultati e nel quale il ‘carico’ di medicinali prescritti è il più basso. Una ‘spina nel fianco’ era rappresentata dall’Epatite C che tornava ad ammalare il fegato pure dopo il trapianto: ora la malattia viene curata e debellata da nuovi farmaci. È tutto cambiato

Quali le ‘sfide alla porta’ ora che l’Epatite C è destinata a scomparire?

Il fatto di non avere più una ‘pressione’ rilevante da parte del grande numero di persone con una malattia epatica secondaria ad Epatite C, consentirà di liberare alcune risorse da destinare a pazienti fragili che prima non candidavamo al trapianto. In questo senso le cose si faranno più complesse. Penso agli alcolisti, ai diabetici gravi (affetti da malattia epatica e con cuore e reni un po’ acciaccati). Ma soprattutto oggi il candidato al trapianto di fegato è più anziano rispetto al passato. Abbiamo eliminato la soglia di età massima entro cui valutare un malato per l’intervento. Pertanto ci aspettano nuove sfide.