News 04 Aprile 2018

Colangite biliare primitiva: la patologia
che colpisce il fegato delle donne over 40

Il suo nome è Colangite biliare primitiva. È una malattia epatica autoimmune (rara) che colpisce una donna su mille: solitamente dopo la quarta decade d’età.

UNA MALATTIA AL FEMMINILE

Il 90% dei pazienti è, infatti, di sesso femminile. In Italia si stima convivano con la patologia circa 13.000 persone.

La Colangite biliare primitiva oltre ad avere come bersaglio il fegato, può condurre a gravi complicazioni. Quando non affrontata e curata in modo adeguato e tempestivo nel 30-40% dei casi rischia di trasformarsi in causa per trapianto d’organo.

I SINTOMI

I sintomi della malattia sono simili a molti altri disturbi. Ciò comporta il rivolgersi al medico in tempi lunghi e spesso tra il primo consulto e la diagnosi trascorrono mediamente due anni.

Stanchezza, prurito, gonfiore addominale e problemi digestivi vengono sovente imputati ad altro e non ricondotti alla Colangite in quanto tale.

UN TEMPO VENIVA CHIAMATA CIRROSI BILIARE PRIMITIVA 

“Oggi – spiega Pietro Invernizzi, professore associato in Gastroenterologia all’Università Bicocca-Milano  – la definizione è divenuta obsoleta. Con le attuali tecniche diagnostiche, la CBP può essere individuata precocemente. Mentre la fase più avanzata, con manifestazioni di cirrosi epatica vera e propria, si ha per fortuna soltanto in una minoranza dei casi”.

Per la Colangite biliare primitiva l’alcol non c’entra nulla. Le malattie del fegato sono state sempre associate ad errati stili di vita e soprattutto correlate all’abuso di bevande alcoliche. In realtà “si può avere una malattia del fegato – commenta Ilaria Ciancaleoni Bartoli, direttrice di OMaR, l’Osservatorio Malattie Rare – anche senza aver avuto alcun comportamento a rischio. Una corretta comunicazione potrebbe quindi sollevare chi ne è affetto almeno dallo stigma sociale”.

Le malattie autoimmuni si sviluppano in percentuale maggiore nelle donne “anche se le ragioni sono ancora poco chiare – aggiunge Vincenza Calvaruso, ricercatrice dell’Università di Palermo -. Nonostante la malattia colpisca pazienti in età fertile, non ci sono evidenze scientifiche che la CBP possa comportare un impatto negativo sulla possibilità di rimanere incinta o portare a termine una gravidanza”.

Questo discorso ha valore nelle pazienti in cui la patologia è sotto controllo e non vi sono danni epatici legati all’insorgenza della cirrosi.

ITALIA ALL’AVANGUARDIA NELLA RICERCA

All’Italia spetta un posto di rilievo nel campo della ricerca. Da poco è operativo il PBC Group Study. L’obiettivo del team è puntare alla creazione del primo registro nazionale dei pazienti grazie al supporto di alcuni centri del Paese.

I nuovi farmaci equivalgono ad un’opportunità di cura molto efficace. Rispetto alle terapie con acidi biliari agiscono a livello immunologico e metabolico. Così da prevenire la formazione di fibrosi epatica ma, in particolare, migliorando il flusso biliare del fegato evitando l’accumulo e il ristagno al suo interno.

(Fonte: OK SALUTE)