Focus 01 Ottobre 2020

Rivalutare le modalità di trattamento del tumore
del fegato in fase avanzata. Gli esperti a confronto

Una dichiarazione globale per aggiornare il trattamento del carcinoma epatocellulare (HCC) in fase avanzata. È quello che hanno chiesto alcuni dei maggiori esperti in vista del prossimo congresso della ILCA (l’International Liver Cancer Association) con l’obiettivo di migliorare il tasso di sopravvivenza dei pazienti colpiti da questa forma tumorale.

La richiesta punta a implementare l’approccio clinico relativo al sequenziamento del trattamento sistemico dei soggetti con carcinoma epatocellulare in un trattamento in evoluzione con i nuovi approcci disponibili: tanto più in relazione alle terapie sistemiche su cui oggi si può contare per il tumore avanzato in prima e seconda linea. La prognosi sfavorevole dell’epatocarcinoma fissa ad oggi il tasso di sopravvivenza a 5 anni a non più del 14%, numeri che lo confermano come il sesto tumore più frequente e la quarta causa di morte per tumore nel mondo. Tra il 2006 e il 2016 la sua incidenza è stata del 38%, dieci anni durante i quali il carcinoma epatocellulare ha rappresentato il 75-85% dei tumori del fegato.

Dalle lesioni croniche all’infiammazione, sono diversi i passaggi che portano allo sviluppo dell’HCC che, nel 90% dei casi, è preceduto da patologie epatiche croniche e da cirrosi epatica. Tra le cause dei fattori di rischio che predispongono a questa malattia ci sono le infezioni da virus dell’epatite B o C, la steatoepatite non alcolica e la steatosi epatica non alcolica. A queste si aggiungono il consumo di alcol, l’obesità e il fumo. Proprio la steatosi epatica non alcolica, negli ultimi anni, ha rappresentato l’origine principale da cui si è sviluppato l’epatocarcinoma.

Ad oggi, nel trattamento del’HCC in stadio intermedio viene riscontrata una variazione delle caratteristiche del singolo paziente, associate anche a quelle della malattia e della risposta tumorale alla chemioembolizzazione transarteriosa (TACE), l’attuale cura standard che viene effettuata per questa patologia. Il passaggio rapido dalla TACE alle terapie sistemiche potrebbe consentire al paziente di contare su più linee guida terapeutiche così da favorire il tasso di sopravvivenza.