Focus 01 Aprile 2021

Malattie epatiche, l’uso del fibroscan definisce la gravità al momento in cui viene fatta la diagnosi

Una validazione del fibroscan come strumento in grado di definire la gravità di una malattia epatica al momento della diagnosi. In particolare in merito alla colangite biliare primitiva. È il risultato di uno studio condotto dall’ospedale San Gerardo di Monza, in collaborazione con i ricercatori dell’università Milano-Bicocca, che è stato pubblicato sulla rivista Hepatology.

La fibrosi epatica ha un significato prognostico rilevante nella colangite biliare primitiva (PCB) e la sua valutazione non invasiva mediante l’elastografia transitoria controllata dalle vibrazioni viene eseguita di routine. Tuttavia, ci sono prove limitate sulla sua accuratezza alla diagnosi nel caso della colangite. Da qui la necessità di stimare la precisione diagnostica nella valutazione della fibrosi avanzata alla presentazione della malattia in PBC. Sono stati raccolti i dati da 167 pazienti con PBC naïve al trattamento che sono stati sottoposti a biopsia epatica (LB) al momento della diagnosi in sei centri italiani. Gli esami con il fibroscan sono stati completati entro 12 settimane dalle biopsie.

Il centro di Monza e la Milano-Bicocca sono tra i pochi in Italia a essere coinvolti nel network europeo “ERN RARE LIVER”, il progetto che fin dalla sua creazione nel 2017 si adopera per comprendere e migliorare la gestione delle malattie epatiche rare. Lo studio, portato avanti in altre sette strutture italiane, ha permesso di validare l’utilizzo del fibroscan nel definire la gravità della malattia epatica al momento della diagnosi nei pazienti affetti da questa forma rara delle vie biliari.

Uno strumento per conoscere meglio i soggetti affetti da questa patologia fin dalla prima visita, così da evitare procedure invasive, ma senza dover rinunciare a una precisa classificazione della malattia che si ha di fronte.