Focus 30 Marzo 2020

Capacità e generosità, il sistema trapianti risponde all’emergenza. Ma l’Italia procede a due velocità

di Emiliano Magistri

“Un impegno impagabile da parte non solo dei chirurghi, ma dell’intera rete delle terapie intensive”. Sono le parole con cui l’assessore alla Sanità della Regione Piemonte, Luigi Genesio Icardi, ha voluto sottolineare il lavoro effettuato negli ultimi giorni dal centro trapianti dell’ospedale Molinette di Torino.

Un impegno di fronte al quale anche chi aveva interrotto la propria attività per motivi di età, come il professor Mauro Salizzoni, aveva deciso di farsi avanti come volontario per aiutare i colleghi in un momento di particolare difficoltà come questo dovuto dal diffondersi del Coronavirus. Il Centro Nazionale Trapianti ha continuato a sottolineare alle Regioni l’importanza della donazione anche in queste settimane. Come aveva spiegato lo stesso direttore, Massimo Cardillo, “stiamo lavorando per evitare qualsiasi contraccolpo. Ovviamente occorrono cautele particolari per i pazienti già trapiantati e per coloro che sono in attesa di un trapianto, ma su una cosa si può stare assolutamente tranquilli: la sicurezza degli organi non è a rischio per il Coronavirus”. E la conferma c’è stata.

Nei giorni scorsi, infatti, proprio alle Molinette è stato effettuato un trapianto di fegato e reni prelevati da una donna ricoverata a Chivasso (ospedale ormai dedicato esclusivamente ai pazienti Covid-19) e il giorno prima, il 27 marzo, i reni di un donatore deceduto in Svizzera sono stati offerti alla nostra rete trapiantologica. Proprio quest’ultimo caso ha sollevato la riflessione su quale sia la situazione nel resto dell’Europa, alla luce della pandemia sempre più proliferante nei Paesi a noi più o meno vicini.

Il dottor Lucio Caccamo

“Presto capiremo meglio cosa sta succedendo – spiega il dottor Lucio Caccamo, dell’UO di Chirurgia Generale e dei Trapianti di Fegato del Policlinico di Milano – visto che in nazioni come Spagna, Belgio e Regno Unito si sta andando incontro a una limitazione dei trapianti, se non addirittura all’interruzione dell’attività. Il Coronavirus sta contribuendo a rendere l’Italia ancor più disomogenea di quanto già non lo fosse in precedenza – prosegue Caccamo -. Le regioni del Nord, da sempre in testa alle classifiche di donazione e trapianto di organi, sono proprio quelle più piegate dalla pandemia. Giocoforza in Lombardia stiamo registrando pochissime donazioni, così come sono in diminuzione anche in Veneto e quasi del tutto azzerate in Liguria, Friuli Venezia Giulia e Marche. A Roma, il centro trapianti fegato diretto dal professor Giuseppe Tisone del Policlinico di Tor Vergata, coinvolto in prima linea dall’emergenza Covid-19, effettuerà l’attività trapiantologica al POIT (il Polo Ospedaliero Interaziendale Trapianti che consocia lo Spallanzani e il San Camillo, ndr), nel centro trapianto fegato diretto dal professor Giuseppe Maria Ettorre. In questo momento, infatti, le donazioni al Centro-Sud non si sono ancora ridotte e la convergenza di buoni propositi è essenziale per superare la crisi in atto. È la conferma che la rete del sistema trapianti è solida”.

Eppure i primi dati, anche a livello internazionale, stanno emergendo: come si sta interrogando e quali provvedimenti potrebbe adottare l’intera comunità scientifica? “Alla luce dei primi report cinesi, la comunità trapiantologica internazionale si sta scambiando informazioni su osservazioni relative alle infezioni manifestatesi sia subito dopo il trapianto che su pazienti operati da tempo – conclude Caccamo-. Anche il CNT sta raccogliendo le informazioni relative al panorama italiano. Nei prossimi giorni, attraverso alcune conferenze online (webinar, ndr), avremo modo di confrontare le esperienze e riflettere su come procedere nel gestire una risorsa preziosa come le donazioni di organi per i trapianti”.